martedì 2 agosto 2011

La fortuna di Battisti è quella di non esser nato in Israele
Il terrorista l'ha fatta franca con l'Italia, ma se avesse avuto a che fare col Mossad non l'avrebbe passata liscia, neanche da assolto
 
Ho fatto un sogno. Non bello né brutto. Però al risveglio è rimasta sulla pelle una sensazione rassicurante. Un sentimento di semplicità, tipo quando con pochi gesti  le cose si incamminano per la strada giusta. Nel sogno Cesare Battisti era nato in Israele e tra Tel Aviv e Gerusalemme aveva commesso una serie di omicidi. Per la precisione quattro. Tre come concorrente nell’esecuzione e uno da co-ideatore. Ovviamente fu arrestato e poi evase all’estero. A quel punto, ammetto, il sogno è diventato un po’ confuso. Perché, per quanto ricordo, Battisti dopo la fuga si sarebbe rifugiato a Parigi dove addirittura sarebbe riuscito a diventare un celebre scrittore. Sostenuto dalla sinistra di Mitterrand avrebbe più volte spiegato all’interno dei salotti parigini che quei quattro omicidi non erano omicidi ma solo un atto terroristico di chi è vittima dello Stato. Ovviamente dello Stato di Israele. Inutile dirlo, Battisti diventa un rifugiato politico. E quindi nei limiti pel possibile e dell’impossibile va tutelato.
Dopo anni dedicati alla scrittura più che al pentimento, il terrorista si trova bruscamente a fare i conti con la giustizia. Il vento cambia e da Gerusalemme riescono a ottenere l’estradizione e l’arresto. Non si sa come, ma Battisti riesce a fuggire in Brasile.  Lì ottiene non solo il no all’estradizione ma viene rimesso in libertà e riceve un visto come scrittore. A quel  punto il governo israeliano convoca una riunione d’urgenza. Sanno di non poter rompere le relazioni diplomatiche. A smenarci sarebbero solo le aziende israeliane, in pole position per grossi appalti pubblici anche per i prossimi mondiali. Mentre a guadagnarci sarebbero i concorrenti francesi interessati alle stesse commesse. Pure quelle militari. Così, di nascosto, interviene il Mossad. Che salva capra e cavoli. Primo il terrorista non ha rinnegato le proprie idee quindi è ancora terrorista e in quanto tale va trattato. Secondo, agire come con Hamas a Dubai. I servizi ingaggiano due liquidatori che a una settimana dalla sentenza aspettano il terrorista a un angolo di strada a San Paolo e con due galil fanno fuoco. Chiaramente un furto degenerato. L’indomani il governo israeliano emette una nota ufficiale: «Ci rammarichiamo per il tragico incidente che ha coinvolto il noto terrorista. Evidentemente il governo brasiliano non riesce a mantenere il crimine comune sotto una adeguata soglia di sicurezza. Se fosse stata consentita l’estradizione, ora sarebbe al sicuro in un carcere israeliano».
 
di Claudio Antonelli  11/06/2011 – su Libero

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