giovedì 21 ottobre 2010


Ho proprio pensato a lei nei giorni in pieno maramsa de Il Giornale. Chissà perchè alcune "indagini" vengono messe sotto silenzio e altre vengono urlate.



Clementina Forleo: no, la legge non è uguale per tutti



Viso e parole affilatissimi nonostante il sorriso e la dolcezza della maternità appena voluta a dispetto dell'anagrafe, Clementina Forleo, 47 anni, non smentisce la sua fama di giudice che non teme di cantare fuori dal coro (per questo, nel 2008, è stata «esiliata» a Cremona) e ricorda che «l'articolo 82 della Costituzione prevede che il Parlamento costituisca una commissione d'inchiesta qualora particolari motivi di interesse pubblico lo ti chiedano». Smentendo così, indirettamente, chi ha invitato il premier ad «andare  a leggersi la Costituzione».   
Non so se la situazione sia tale da richiedere effettivamente una commissione parlamentare d'inchiesta. In alcune regioni però, e soprattutto in certe procure più esposte ai riflettori si sono verificati da parte di alcuni pm eccessi di potere che meriterebbero di essere valutati. A prescindere dal caso Berlusconi.
Susciterà un vespaio...    
Ci sono abituata.    
Ma lei è favorevole a una commissione parlamentare?    
Non sono contraria a patto che, accertati i presupposti concreti circa la sua istituzione, ponga poi l'attenzione a 360 gradi su ciò che è accaduto negli ultimi anni, senza fare sconti a nessuno, superpotenti e intoccabili  compresi. Io stessa, a quel punto, chiede rei di essere ascoltata perché si indagasse sulla vicenda delle scalate bancarie (che coínvolgeva esponenti del Pd, comeMassimo DAlema e Nicola Latorre, ndr) che mi è stata sot tratta tra il maggio e il 29 luglio 2008.
Che cosa lamenta?
Le carte concernenti la posizione del senatore Latorre, che in seguito alla mia richiesta tomavano dal Senato, stranamente] non arrivàrono mai sullamiascrivania. Finché, approfittàndo di una mia assenza di sette giorni, dopo oltre due mesi il pm le dissotterrò per inoltrarle «con urgenza» al gip di turno. Questi le rispedì al Senato senza informarmi, mentre ero stata tenuta al corrente di ogpi dettaglio anche durante le ferie. Questo salvò Latorre. Se invece le carte fossero arrivate a me, che ero il giudice naturale; le avrei inoltrate al pm affinché decidesse se avviare o meno un procedimento, come già avevo fatto per D'Alema. Ritengo che questa sia una delle pagine più nere della giustizia e della storia del nostro Paese. Per questo richiedee chiarezza.
Per questa vicenda Anna Finocchiaro l'ha appena querelata.
Le ho risposto con una denuncia per calunnia. Finocchiaro, capogruppo del Pd al Senato ed ex magistrato, mi querela oggi per unavicenda che risale atre anni fa e riguarda un «summit» che si tenne nel suo ufficio per avviare un procedimento disciplinare contro di me, come poi effettivamente accadde, perché stavo per depositare la trascrizione di conversazioni imbarazzanti che vedevano coinvolti, suoi compagni di partito. Il punto è che le dichiarazioni per cui mi si querela, mai smentite, sono state rilasciate tre anni fa alla procura di Brescia dall'ex senatore Ferdinando Imposimato. Non sono io da querelare.
Vuole dire che la giustizia non è uguale per tutti?
Lo dico da magistrato e  ad alta voce: la legge non è uguale per tutti. Prendiamo il caso della pm barese Desirèe Digeronimo: attaccata in modo violento da Nichi Vendola,  per le indagini che stava svolgendo, anche a suo carico, nessuno è intervenuto in sua difesa o ha aperto una pratica a tutela. Zero! Mentre se si prova a toccare un pm di Mani pulite o di Caltanissetta o di Palermo, che si sta occupando di un possibile coinvolgimento del premier nella stagione delle stragi si assiste a una levata generale di scudi e alla mobilitazione del Consiglio superiore della magistratura e dell'Associazione magistrati. E magari all'intervento di Antonio Di Pietro, il quale, silente sui due episodi che ho esposto, ha ripetuto più volte che si deve abbattere Berlusconi «anche scendendo a patti con il diavolo». L'affermazione mostra che l'ex magistrato Di Pietro vive l'avversario politico come un nemico da abbattere, con qualsiasi mezzo. Purtroppo un problema della giustizia è dato da certe frange del potere giudiziario che insorgono o tacciono a seconda di un interesse politico.
Secondo lei, un magistrato non dovrebbe fare politica?
No, se non togliendosi definitivamente la toga. Per duevoifemi è stata offerta. una candidaturaeonostante la consapevolezza che questo avrebbe potuto liberarmi da tanti problemi, per due volte ho rifiutato. Voglio cóntinuare a fare il giudice e credo di poterlo fare ancora con passione, autonomia, serenità
Che rosa c'entra la serenità?
Guai a mancare.di serenità rispetto ai casi che si trattano. Ecco perché certi pm, che si occupano sempre dei medesimi indagati, a un certo punto dovrebbero fare un passo indietro. A meno che non ci sia una con-. nessione'oggettiva fra i vari procedimenti, non dovrebbe essere possibile essere titolari a vita di indagini contro la stessa persona,: perché ciò intacca la serenità nel sostenere l'accusa o l'immagine di serenità che anche un pm'deve garantire
La magistratura non è una casta? Guai a parlare di riforme, a toccare gli stipendi, a chiedere un trasferimento...
Non sono una che difende la casta, ma sui trasferimenti spezzo una lancia per la categoria: non bastano gli incentivi economici per invogliare un magistrato d'esperienzaasportarsi in una sede disagiata. Serve anche un incentivo professionale, la garanzia di non essere destinato a smaltire l'arretrato, od occuparsi di fatti marginali.
Non ha detto una parola sulla riforma della giustizia.
Ne ho dette tante, invece: è indispensabile. A partire dal Csm, che deve essere liberato alpiùpresto dal sistema correntizio.
Occorrono regole diverse dall'elezione e quindi una riforma costituzionale, per nominare i componenti del Csm evitando che si istauri una sorta di
voto di scambio tra eletto ed elettore. In seconda battuta è fondamentale la separazione delle carriere. Che non significa, come è stato detto, che il pm deve essere subordinato all'esecutivo, bensì che deve essere messo in concreto nelle stesse condizioni della difesa.
Molti suoi colleghi sono riluttanti.
Io stessa, quando ho parlato della necessità di riforme in un convegno delle camere penali, sono stata attaccata con estrema violenza da illustri esponenti della magistratura associata e si sono permessi addirittura di offendermi, visto che la libertà di certe espressioni è loro concessa, mentre ad altri non concedono neppure la libertà di opinione. Via dunque a questa riforma. Altrimenti sarà il massacro della giustizia.



di Mariella Boerci - 20/10/2010 - Fonte Panorama
 

mercoledì 20 ottobre 2010



Ora i pm indagano anche "Panorama" L'offensiva contro i giornali scomodi


di Gabriele Villa


Una strana coincidenza: il giornalista che aveva scritto delle minacce ricevute dal portavoce della Marcegaglia è accusato di aver utilizzato notizie riservate delle banche dati della Finanza. Arrestato il presunto informatore. Il direttore di Panorama, Mulè: "Se pm e carabinieri diffondono verbali è una cosa normale". Intanto è scontro su Report andato in onda domenica. Il ministro Romani: "Puntata odiosa"
 
Nel Paese delle coincidenze,c’è sem­pre una coincidenza che fa il suo botto a orologeria.
L’ultima è arrivata puntuale ieri, men­tre, nelle edicole, Panorama fa bella mo­stra con la sua copertina dedicata ad un servizio esclusivo. Che svela, già lo abbia­mo ampiamente anticipato su queste stesse colonne, come e qualmente Rinal­do Arpisella, l’uomo di fiducia (ora ex uo­mo di fiducia) di Emma Marcegaglia avesse, un anno fa, usato toni minacciosi nei confronti di un collega del settimana­le, Giacomo Amadori, a proposito di un’inchiesta che questi stava svolgendo e in cui veniva chiamata in causa l’azien­da della presidente di Confindustria. Amadori, evidentemente, si è sentito in dovere di scrivere questo pezzo (docu­mentato peraltro dalle registrazioni del­le telefonate avute con Arpisella) anche per dimostrare come il gran polverone, le polemiche e le accuse di dossieraggio sollevate dallo stesso Arpisella e dalla Marcegaglia contro il Giornale ,per l’ora­mai arcinota telefonata di cazzeggio del vicedirettore Porro, erano e restano leg­germente fuori posto.
L’antefatto era doveroso, visto e consi­derato che l’ultima coincidenza è la se­guente: un militare della Guardia di Fi­nanza, l’appuntato Fabio Diani, in servi­zio a Pavia è stato arrestato e messo ai domiciliari su ordine della magistratura di Milano, per una serie di accessi, non autorizzati, agli archivi informatici delle Fiamme gialle. Il finanziere, secondo l’accusa,avrebbe fornito informazioni ri­servate a un giornalista su una serie di noti personaggi.
Indovinate chi è il giornalista che ha, o, meglio, avrebbe utilizzato sistematica­mente queste informazioni uscite per vie irregolari? Giacomo Amadori. Quel­lo stesso Giacomo Amadori che firma il pezzo-clou di Panorama di questa setti­mana. Guarda, a volte, i casi della vita. E guarda che lodevole efficienza a cor­rente alternata ( un anno dopo i fatti con­testati e giusto nella settimana in cui Amadori è uscito con il suo scoop) nel correre a far pulizia e a punire con l’arre­sto il militare spifferatore quando le Pro­cure, tutte le Procure d’Italia, somiglia­no a enormi forme di gruviera, dai cui bu­chi escono, da sempre, faldoni, verbali di interrogatori, e, naturalmente, anche intercettazioni, prim’ancora che gli in­tercettati lo sappiano.
Detto questo, secondo quanto emerge dall’inchiesta del Pm Elio Ramondini, e dal procuratore aggiunto Alberto Nobili, il finanziere avrebbe effettuato, nel perio­do gennaio 2008- ottobre 2009,un miglia­i­o di accessi all’anagrafe tributaria e a tut­ta una serie di banche dati della Guardia di Finanza.Per questo motivo all’appun­­tato, sposato e padre di due figli, che ha lavorato a lungo alla sala operativa, ma ora fa il piantone in caserma a Pavia, vie­ne contestato, oltre al reato di accesso abusivo al sistema informatico (che pre­vede una pena tra i 3 e gli 8 anni di reclu­sione), in concorso con il giornalista del settimanale di Mondadori, anche l’ag­gravante di aver agito da pubblico ufficia­le e di essere entrato nelle banche dati di apparati di interesse pubblico e militare. Fra i personaggi sui quali l’appuntato Fabio Diani avrebbe fornito notizie ad Amadori, figurano alcuni componenti della famiglia Agnelli, Gioacchino Gen­chi (già consulente in vari procedimenti penali alcuni dei quali diretti dall’ex Pm De Magistris) Antonio Di Pietro, Luigi De Magistris, il giudice Raimondo Mesia­no, Beppe Grillo, Marco Travaglio e la escort Patrizia D’Addario.
 
Gli inquirenti avrebbero accertato che agli accessi abu­sivi, effettuati dal militare, corrisponde­va, poco dopo, la pubblicazione di noti­zie da parte del giornalista, che si basava­no pro­prio su informazioni riservate con­tenute nelle banche dati. Amadori, inter­pellato al telefono dall’agenzia Ansa si è limitato a un: «No comment», mentre il suo direttore, Giorgio Mulè, ha dichiara­to: «Il nostro giornalista ha fatto solo il suo lavoro, come riconosciuto anche dal magistrato, nella massima trasparenza, per dovere nei confronti del collega e an­che a scanso di equivoci e di chi si voglia mettere a pensare a dossieraggi o kille­raggi. Ci tengo a sottolineare- ha precisa­to il direttore - che il collega ha usato le informazioni ricevute solo per scrivere gli articoli.
Erano dati utilizzabili e non, come si dice, sensibili o coperti da pri­vacy. Amadori ha chiesto solo i dati delle dichiarazioni dei redditi che sono noti. Il Pm che ha poi allegato tutti gli articoli scritti in un paio di anni - ha concluso Mulè - osserva che le informazioni sono state utilizzate con l’unico fine di scriver­li ». Ma, nell’Italia delle coincidenze, dove il «pensiero unico» punta il dito solo con­tro i giornali e i giornalisti che non attac­cano il premier, Emanuele Fiano, re­sponsabile Sicurezza del Pd, giudica quanto sarebbe accaduto «una notizia gravissima». Quindi abbiamo il diritto di preoccuparci.
Su Il Giornale di ieri

 

martedì 12 ottobre 2010


Ecco i nomi dei militari italiani morti dal 2004 al 17 settembre scorso:

Caporal maggiore GIOVANNI BRUNO - 3 ottobre 2004

Capitano di fregata BRUNO VIANINI - 3 febbraio 2005

Caporal maggiore capo MICHELE SANFILIPPO - 11 ottobre 2005

Tenente MANUEL FIORITO e maresciallo LUCA POLSINELLI - 5 maggio 2006

Tenente colonnello CARLO LIGUORI - 2 luglio 2006

Caporal maggiore GIUSEPPE ORLANDO - 20 settembre 2006

Caporal maggiori GIORGIO LANGELLA e VINCENZO CARDELLA - 26 settembre 2006

Agente Sismi LORENZO D'AURIA - 24 settembre 2007

Maresciallo capo DANIELE PALADINI - 24 novembre 2007

Maresciallo GIOVANNI PEZZULO - 13 febbraio 2008

Caporal maggiore ALESSANDRO CAROPPO - 21 settembre 2008

Maresciallo ARNALDO FORCUCCI - 15 gennaio 2009

Caporal maggiore ALESSANDRO DI LISIO - 14 luglio

Tenente ANTONIO FORTUNATO, Sergente Maggiore ROBERTO VALENTE, Primo caporal maggiore MATTEO MUREDDU, Primo Caporal Maggiore GIANDOMENICO PISTONAMI, Primo Caporal Maggiore MASSIMILIANO RANDINO, Primo Caporal Maggiore DAVIDE RICCHIUTO - 17 settembre 2009

Caporal maggiore ROSARIO PONZIANO - 15 ottobre 2009

Agente Aise PIETRO ANTONIO COLAZZO - 26 febbraio 2010

Sergente MASSIMILIANO RAMADU' e caporalmaggiore LUIGI PASCAZIO - 17 maggio 2010

Caporal maggiore scelto FRANCESCO SAVERIO POSITANO - 23 giugno 2010

Capitano MARCO CALLEGARO - 25 luglio 2010

Primo maresciallo MAURO GIGLI e caporal maggiore capo PIERDAVIDE DE CILLIS - 28 luglio 2010

Tenente ALESSANDRO ROMANI - 17 settembre 2010
 


Caporal maggiore GIANMARCO MANCA, primo caporal maggiore FRANCESCO VANNOZZI, primo caporal maggiore SEBASTIANO VILLE, caporal maggiore MARCO PEDONE - 9 ottobre 2010

E questo è "solo" l'elenco dei militari.

giovedì 7 ottobre 2010


Ungheria, morta fauna fiume Marcali



Dopo fango tossico uscito da industria 



"Tutta la fauna del fiume Marcali è morta", lo riferito il portavoce della protezione civile, Tibor Dobson. "L'ecosistema del fiume - ha proseguito - è stato condannato a morte a causa del valore troppo alto del ph del fango rosso". L'obiettivo è ora "salvare il Danubio e il Raba". Il Marcali è il corso d'acqua più colpito dal disastro ecologico provocato dal fango tossico fuoriuscito dall'impianto di alluminio a Ajka, nell'ovest dell'Ungheria.
notizia tratta da 
www.tgcom.it