lunedì 27 aprile 2009


Bocca, il sacerdote dell'odio che mi chiama "gallinella"


Gallinella. Gallinella mi mancava proprio. «Eccole lì, felici e trionfanti attorno al nuovo ducetto: come un mazzo di fiori, con le loro camicette bianche sull’impetuoso seno, le donne ministro, la Carfagna e la Meloni, le gallinelle del padrone».
Il sacerdote dell’odio e della Liberazione, Giorgio Bocca, nel suo settimanale sbocco di bile (ma solo perché l’Espresso è settimanale, sennò sarebbe quotidiano) contro il premier italiano e tutti coloro che lo votano, si è così gentilmente rivolto nei miei confronti e nei confronti della collega Carfagna. La lettura accurata dello scritto di Bocca, come d’altra parte di tutti i suoi scritti, a cominciare da quelli del ’42 in cui sosteneva la «necessità ineluttabile» di dover sterminare il popolo ebraico o come quelli feroci contro il commissario Calabresi che precedettero il suo omicidio, mi ha sollecitato alcune riflessioni sul personaggio e sul significato di questo 25 Aprile. Innanzitutto, mi piacerebbe sapere cosa conosce questo illustre signore della mia vita, delle mie idee, del mio percorso politico. Immagino non gliene possa fregare di meno, poiché la sua verità non può certo perdere tempo con queste stupidaggini. Io penso invece che si debba rispettare chiunque, soprattutto chi la pensa diversamente da me e magari anche documentarsi un po’. Che per un giornalista, più o meno illustre, non fa mai male. Sarà un pensiero troppo fascista? Spero di no. Credo anche che si possa fare un’aspra polemica politica contro chiunque, senza però colpire indiscriminatamente nel mucchio. Sforzandosi al dubbio, alla legittimazione dell’avversario. Sarà una tecnica squadrista? Mi auguro di no.
Il problema di Giorgio Bocca, oltre al solito mediocre maschilismo tanto caro ad una parte importante della nostra presunta intellighenzia, ha una definizione clinica molto precisa: «la sindrome del veterano». Poco importa che nel suo caso si tratti contemporaneamente di un ardente veterano fascista e di un fervente veterano partigiano. L’odio è evidentemente la sua unica ragione di vita. Combattere i fascisti è ciò che ancora dà un senso al trascorrere dei suoi giorni. Anche dopo 65 anni, anche dopo la scomparsa di tutti i partiti del dopoguerra e di buona parte degli uomini e delle donne che vi militarono dignitosamente, orgogliosamente. Ecco, io non posso non interrogarmi su quanta parte dei festeggiamenti del 25 Aprile sia ammalata della stessa malattia, della «sindrome del veterano». Mentre non ho dubbi, rispetto al fatto che non vi è alcun motivo per dividere la gente italiana oggi, così come per esaltare momenti che, comunque la si pensi, hanno lacerato migliaia di famiglie italiane. Da una parte il nonno fascista e dall’altra il nonno partigiano. E quale sarebbe l’utilità sociale e patriottica di esporre il vecchio nonno fascista al ludibrio, alla deplorazione del suo giovane nipote? Ma che diavolo d’Italia può crescere su fondamenta di odio, di sangue e di ferite nazionali? Provoco: e se il 25 Aprile diventasse col passare del tempo solo la festa italiana della libertà, della democrazia, dei diritti civili? Piuttosto che dell’antifascismo, dei partigiani bianchi oppure rossi. Sarebbe davvero così grave? Lo domando a voi illustri Padri della patria. Io non sono mai stata fascista, né antisemita, né comunista e neppure partigiana. E vale lo stesso per il ministro Carfagna. Siamo entrambe nate nella seconda metà degli anni ’70 e, se Dio lo vorrà, la maggior parte della nostra vita si svolgerà nel ventunesimo secolo. Dunque, perché dovremmo essere il nemico di Giorgio Bocca? O addirittura del 25 Aprile? Perché non potremmo essere semplicemente due donne che credono nei valori della libertà e cercano di fare del proprio meglio nell’incarico che è stato loro affidato?
Caro Bocca, permettimi un consiglio da nipote. Ricorda pure con affetto e nostalgia la tua postazione armata sull’isola, ma è arrivato il momento di tornare a casa. Scoprirai tante persone piene di difetti, che magari la pensano diversamente da te su alcune questioni, ma hanno voglia di trovare insieme delle soluzioni, di onorare insieme la libertà, la democrazia, l’onestà, e questa bella idea chiamata Italia. Chissà che non sia anche un modo per riconciliarti con te stesso. Te lo auguro. Non è mai troppo tardi.



Chiara Meloni - Ministro della Gioventù
su Il Giornale di sabato 25 aprile 2009

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