venerdì 9 settembre 2005

Immigrazione&islamismo. «Ho l’impressione che siano in tanti a voler imporre il loro pensiero»
«Ma vogliono integrarsi?»
Noto con piacere che, da qualche tempo, trovano spazio nella sua rubrica lettere di cittadini i quali cominciano ad esternare, in maniera civile, il proprio pensiero al riguardo dei problemi originati dall’immigrazione, sia regolare che clandestina, ed in particolare da quella islamica. Pensieri presenti nella mente dei più, ma timorosamente non espressi.
Premetto che, a mio modesto e personale parere, i rapporti fra individui non dipendono da fattori inerenti alla nazionalità, alla razza od al credo religioso ma, semplicemente, da quello che viene comunemente chiamato “la mentalità” ovvero il fattore culturale. Da parte nostra, siamo sempre stati educati a rispettar e gli altri e, naturalmente, ad esigere il medesimo rispetto da coloro che sono da noi rispettati.
Detto questo, desidero soffermarmi brevemente su alcuni argomenti che, recentemente, sono stati posti alla nostra attenzione dai giornali e dalla televisione. Il primo concerne il voto, anche solo a livello locale, agli immigrati regolari, così caldamente richiesto dagli amministratori di una certa area. In un paese normale, e prendo a prestito il titolo di un libro del “leader maximo” della sinistra, il voto viene concesso allo straniero naturalizzato.
Per naturalizzato si intende quello straniero, in posizione regolare, ormai perfettamente integrato, che dopo anni di permanenza nel paese ospitante, dopo averne assimilato lingua usi e costumi, trovandosi bene e desideroso di far parte a pieno titolo della società in cui vive, fa richiesta, ripeto, fa richiesta, assumendosi i diritti e, soprattutto, i doveri che ne derivano, che gli venga concessa la cittadinanza e naturalmente, semp re su richiesta, ai suoi familiari.
Sulla base di tale domanda, sussistendo le condizioni, la competente autorità può concedere la cittadinanza. Le sembra, signor direttore, che i nostri ospiti abbiano intenzione di percorrere questa via? A me sembra il contrario; basta osservare quello che sta succedendo nella nostra Vicenza. Intere zone vengono ghettizzate, quasi interdette ai residenti che, timorosi o spaventati, le evitano.
No, caro direttore, a mio modesto avviso, queste persone non hanno alcuna intenzione di integrarsi, anzi, non solo non ne hanno intenzione ma lo rifiutano decisamente imponendo, o facendo di tutto per imporre, la loro volontà, coadiuvati, in questo, dai tanti “buonisti” di casa nostra, compresi quelli che da queste pagine esprimono solidarietà agli Iman predicatori di violenza. Non occorre fare esempi ed elencare i vari casi, basta guardarsi attorno, anche nella nostra cara Vicenza.
Il secondo concerne il simbolo della croce. Non è stato s ufficiente che qualche magistrato prestasse attenzione alle pretese di chi voleva togliere il crocifisso dall’aula scolastica frequentata da suo figlio, che lo stesso individuo lo rimuovesse, gettandolo dalla finestra, dalla camera d’ospedale (nostro) dove era ricoverata la madre (sua).
Ora si vuole eliminare il simbolo della Croce Rossa. Siamo all’incredibile: è addirittura assurdo. Ma lo vogliamo capire sì o no (la Fallaci lo va gridando inutilmente ai quattro venti) che noi potremo togliere tutti i crocefissi, sostituire il simbolo della croce rossa con l’immagine del nostro deretano (da bravi “calabraghe”) sempre rosso, però, dalla vergogna, eliminare tutti gli incroci stradali, non impiegare mai più utensili meccanici come le chiavi a croce, ogni forma architettonica che richiami il simbolo cristiano, non portare più collanine e medagliette con la Madonna, cambiare i nomi dei nostri paesi, come ipotizza Beggiato, e chi ne ha più ne metta, m a, per questi fondamentalisti, noi saremo sempre gli infedeli. Anche se i mezzi degli aiuti umanitari dovessero adottare un altro simbolo, essi, secondo le minacce pervenute, sarebbero sempre oggetto di attacco perché considerati i nuovi crociati.
Tornando alla mia premessa: mi si spieghi come mai noi, almeno religiosamente parlando, non siamo rispettati e tanto meno tollerati a casa loro ed allo stesso tempo impongono e pretendono, da parte nostra, il più completo annullamento della nostra cultura e delle nostre tradizioni. Rialziamo la testa, dimostriamo un briciolo di dignità; rispetto per rispetto e se la nostra civiltà li disturba così tanto, nessuno impedisce loro di far ritorno al paese natio. Enrico Bassanello


Lettere su  "Il Giornale di Vicenza"  Venerdì 09 Settembre 2005

6 commenti:

  1. Clio, è sempre un piacere leggerti! Anche se non lascio commenti... :)) ma sai che sono una tua ammiratrice da quando hai aperto il blog... E sai che mi trovi sempre d'accordo su quello che dici! :)) Un abbraccione, a te ed al tuo coraggio di andare sempre controcorrente, che poi secondo me su queste cose siamo tutti d'accordo, ma la coda di paglia di esprimerlo limita tanti!! Luna

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  2. wow Luna che complimentone che mi fai, detto da te vale anche di più :))

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  3. Clio, è esattamente quello che penso... :)) E' un onore conoscerti! Un bacio Luna

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  4. Anche io ti trovo grandissima e in questo caso condivido appieno questo post.
    un abbraccio e buon weekend!

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  5. Gli italiani secondo te sono in stragrande maggioranza educati a rispettare il prossimo e il proprio e altrui paese? Pensi che si possa stabilire facilmente la volontà di persone delle più varie origini e storie di vita nonché livelli socioculturali? Hai un principio democratico migliore di "no taxation without representation"? Mah... e dire che a me il dubbio sul voto alle amministrative è sorto più volte, nel senso che temerei fosse un modo come un altro per fare del clientelismo.
    Carolina

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